mercoledì 15 maggio 2013

La Broome del capo ha un buco nella gomma


Quasi all’estremità della costa occidentale dell’immensa Australia c’è una piccola penisola che è circondata dalle onde azzurrissime di un mare che nasconde una preziosa ricchezza. Broome fino a qualche anno fa era una delle capitali mondiali dell’industria delle perle. Oggi in città sono rimaste solo due grandi farms. Un’altra è a qualche centinaio di chilometri a nord, nello sperduto Cape Laveque, altre ancora si sono spostate verso Darwin.
Nonostante questo Broome continua, in “inverno”, a moltiplicare la sua popolazione di quasi 1/3 richiamando un gran numero di turisti e di backpackers che trovano abbastanza facilmente e con ottimi salari un impiego nel settore dell’hospitality, nei negozi o nei supermercati che necessitano di manodopera aggiuntiva per la stagione secca da Aprile-Maggio fino ad Ottobre.
Io potevo essere uno di questi se ormai non mi restassero meno di 3 mesi di visto e se i miei piani per il momento non fossero stati quelli di viaggiare un po’. Infatti mai lavoro fu trovato più rapidamente e in modo più fortunato.
Premetto che quando dico che è facile per un backpacker trovare lavoro non intendo assolutamente dire che a tutti è capitata una chance simile alla mia, infatti molti aspettano anche due settimane prima di trovarne uno. Comunque questa è la storia.
Arrivato in città alle 6 del mattino dopo le mie 37 ore di pullman ho trovato alloggio con i miei due compagni di disavventura, una ragazza giapponese e un ragazzo tedesco, al KK Hostel, non molto lontano dal centro città che, incredibile, ma vero, è Chinatown.
Saki, la ragazza giapponese, era venuta a Broome solo per vedere lo spettacolo della luna di perla che sorge dal mare. Quella Domenica di fine Aprile era l’ultimo giorno del primo ciclo lunare dell’anno in cui si poteva osservare questo particolare fenomeno, che insieme al magico tramonto in cammello di Cable Beach, costituisce la principale attrazione della cittadina. Io non ero assolutamente a conoscenza di entrambi e ho potuto godermeli per una pura coincidenza.
Come Steven, l’altro ragazzo tedesco, arrivavo a Broome con la speranza di trovare un lavoro nel pearling, guidato dalle notizie in internet e dai passaparola, alla ricerca di un facile e ben pagato impiego. Invece oggi giorno essere assunti in una compagnia non è assolutamente facile e richiede molta pazienza e anche un pizzico di fortuna, soprattutto perché praticamente tutti vengono qui con la stessa aspettativa e lo stesso obbiettivo.
Erano circa le 4 del pomeriggio e ci stavamo incamminando verso la fermata dell’autobus per prendere l’autobus per Cable Beach dove il famoso tramonto ci aspettava per le 5 e poco più del pomeriggio. Ero tornato un attimo a prendere la macchina fotografica in camera, quando passando di fianco alla reception, proprio in quel preciso istante, una voce al microfono ha detto: “chiunque voglia un lavoro per la prossima settimana si cercano tre ragazzi alla reception”.  Tutto ciò che ho dovuto fare è girare di 90 gradi i miei piedi e alzare la mano. Nel giro di 2.5 secondi i posti erano già esauriti.
Un signore magrolino, coi baffi a spazzola e il cappello alla Australiana stava in piedi tranquillamente aspettando di parlare con noi. Dereck è il gestore del Broome Turf Racing Club, lo stadio ippico dove da Giugno a Settembre si svolgono numerosissime corse di cavalli, una passione che da Est a Ovest, da Nord a Sud resta immutata nello spirito nazionale.
La grande tenuta doveva essere pulita e messa in ordine prima della nuova stagione e così si cercava manodopera in più per raccogliere le milioni di foglie che sommergevano le strade e le stalle. “Un paio di giorni di lavoro”, ma poi si sa, gli Australiani dicono sempre così perché prima vogliono testare il modo di lavorare delle persone. Così ad una prima occhiata era ovvio che ci sarebbe stato lavoro almeno per tutta la settimana.
Non mi aspettavo un grande salario e così quando Dereck ci ha proposto 20 dollari all’ora ero già più che felice. Ma per fortuna era lì con noi Francesco, un ragazzo italiano che, arrivato a Broome da un pochettino più di tempo di me,  sapeva più o meno la media degli stipendi in WA, che senza troppe difficoltà è riuscito a farci alzare la paga a 25.
Devo dire che ci sono abbastanza rimasto. 25 dollari per raccogliere foglie. Come qualcuno da casa mi ha scritto “Amsa di lusso!”. Certo il caldo a 36 gradi e le mezzore di pedalata la mattina per arrivare al lavoro non rendevano il lavoro facile, ma spesso ci trovavamo all’ombra degli alberi e i ritmi erano tutt’altro che infernali.
Così ho sfruttato al massimo la mia settimana lavorando anche il Sabato e la Domenica mattina, nonostante la bellissima festa notturna in spiaggia del fine settimana a Cable Beach.
Sotto una bellissima stellata, uno spettacolare falò bruciava come il vino e l’alcol che scorreva a fiumi in ognuno, mischiando il suo rosso a quello del sangue. Una cassa riempiva il silenzio con la musica e ognuno ballava nei più disparati modi inimmaginabili e qualcuno, venuto diretto dal toga party dell’ostello, si spogliava dei lenzuoli bianchi, alimentando con essi il fuoco, e rimaneva nudo, senza pudore né tanto meno vergogna.
Ma la vera particolarità del nostro posto di lavoro era che era a 2 minuti dal mare e da Gautame point, una piccola e spettacolare insenatura di rocce, trampolino perfetto per degli spettacolari tuffi da 6 metri circa di altezza. E’ tutta un’altra vita quando invece dell’onda di sudore bollente della metropolitana ti ritrovi sulla pelle quella del mare.
E così alla fine le ore diventano leggere come le foglie che raccoglievamo nel meraviglioso conto alla rovescia che ci separava dal relax di quella limpida piscina.
Da Gautame point si poteva vedere in lontananza Cable Beach, la lunghissima spiaggia bianca dove la prima sera ho goduto dell’emozione di quel bellissimo tramonto che riflesso sulle rocce naufragate sulla sabbia sembrava essere sulla superficie della luna. Nulla a che vedere con la violenza dei tramonti di Cape York. Sfumature leggere di rosa e arancione si perdevano nell’orizzonte accarezzando la pelle dei cammelli che passeggiavano in fila indiana trasportando sulle loro gobbe una ventina di turisti.
Dall’altra parte della città a Town Beach, a oriente, alle 7.54 avevamo appuntamento con la luna. E così dopo non appena il buio è iniziato a calare abbiamo ripreso l’autobus per la solita modica cifra di 4 dollari a biglietto.
Puntuale, davanti a qualche centinaio di occhi e ai noiosissimi bip bip delle macchine fotografiche, una informe e stiracchiata luna emergeva rossa all’orizzonte disegnando a poco a poco una scia sull’oceano, come una stairway to heaven, e nell’alzarsi nel cielo recuperava lentamente una certa sfericità, come la pasta della pizza di un pizzaiolo.
Ci sarebbero libri da scrivere sui ragazzi-viaggiatori che ho incontrato in una settimana, gente da tutte le parti del mondo, ognuno con una sua piccola grande storia, da chi vuole cavalcare il deserto della mongolia a chi a 30 anni si gioca l’ultima chance di trovare uno sponsor per non tornare a casa, da chi, per non pagare l’ostello, si mimetizza di notte a dormire in macchina nel bush australiano a chi ha lasciato casa e lavoro 4 anni fa e ha girato un po’ il mondo e ora inizia a cercare un senso più profondo alla propria vita e uno scopo.
E se alzi un po’ lo sguardo noti come a Broome non ci siano piccioni. Al posto loro volano i falchi…

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