mercoledì 30 gennaio 2013

un tornado troppo costoso


Fraser Island e le Withsunday dovevano essere il centro del nostro viaggio. Posti paradisiaci che avrebbero reso coi loro colori questa vacanza una esperienza indimenticabile che avrebbe occupato pagine e pagine di bellissimi ricordi.
Invece si sono trasformati nell’esperienza più brutta e deludente della mia avventura, soprattutto, nel caso delle Whitsunday, da un punto di vista umano. Ma partiamo con ordine.

Fraser Island è un’isola di sabbia e foresta quasi incontaminata, terra aborigena che dista dalla costa del Queensland solo qualche centinaio di metri, il cui nome riassume da solo la bellezza del posto: Fraser nella lingua dei primi abitanti del continente significa, infatti, “Paradiso”.
Un posto unico dove è severamente vietato fare il bagno nell’oceano per le forti correnti e la costante presenza di meduse-killer e di squali, ma dove laghi limpidissimi, torrenti, e piccole vasche create dagli scogli lungo la costa costellano l’intero posto. Tra tutti questi famosissime sono le acque del Lago McKenzie con i suoi pesci e i suoi colori purissimi.
Ogni gruppo, il giorno prima dello sbarco-in-paradiso, deve partecipare ad un briefing informativo che consiste in un’oretta circa di filmati vari che forniscono le istruzioni di base per la guida su sabbia dei fuoristrada e per il comportamento da tenere con i veri e primitivi abitanti dell’isola: i dingos.
Le 64 persone partecipanti al tour sono divise in gruppi da 8 ognuno corrispondente ad un fuoristrada, che ognuno di noi a turno ha dovuto guidare tra i sentierini impervi della foresta subtropicale e tra l’infinita spiaggia, gestendo al meglio l’uso delle marce e della frizione e cercando di evitare il più possibile il contatto con l’acqua salata del mare, vero e proprio pericolo per l’usura dei veicoli.
I dingos, invece, sono dei cani selvatici caratterizzati da un atteggiamento molto aggressivo dovuto al fatto che allo stato naturale vivono sempre “affamati” (they are starving). Per questo, ogni volta che ci si muove per Fraser, è consigliabile non essere mai da soli e tenere sempre sott’occhio i bambini. Inoltre è severamente vietato dare loro da mangiare, in quanto se perdono la loro naturale paura dell’uomo (o del gruppo di uomini) i dingos non diventano animali affettuosi, ma degli affamati selvatici che vedono questi strani animali bidepi come fonte di cibo, e ciò porta al moltiplicarsi delle aggressioni e degli atteggiamenti ostili e pericolosi verso i visitatori dell’isola. Ciò costringe i rangers sostanzialmente ad abbattere i più incontrollabili.
Nonostante la mattina della partenza cadesse già una pioggia abbastanza copiosa gli organizzatori hanno deciso di iniziare comunque il tour.
Qui in Australia coi viaggi organizzati vige una regola: non importa se cade il mondo, qualunque cosa succeda, se un tour inizia non c’è possibilità di avere indietro neanche un centesimo della cifra pagata.
Così senza informare nessuno che il tempo stava andando peggiorando, due guide ci hanno fatto strada verso il piccolo traghetto che fa da continua spola tra la punta sud dell’isola e una piccolo limbo desolato di sabbia a 20 minuti da Rainbow beach.
La sistemazione sull’isola era in un piccolo campeggio, ogni gruppo aveva la sua cesta di cibo da cucinare autonomamente nei fornelli del campo e la propria immancabile razione di alcool ordinata il giorno prima. Essendo molto vicini all’insediamento aborigeno c’erano poche, ma semplici regole da seguire: la prima era che non si poteva fare rumore dopo le 11 di notte, la seconda è che non si poteva fischiare o sputare sul fuoco, in quanto entrambi gli atteggiamenti portano cattivi spiriti sull’isola e sui suoi abitanti. Per il resto c’erano 2 docce per gli uomini e 2 per le donne , il che rendeva la situazione non molto confortevole in giorni di pioggia ininterrotta.
Nonostante il tempo brutto, le guide ci hanno comunque condotto in alcuni laghi e fiumiciattoli dove l’attrazione principale, però, era quella di fare il bagno.
Il piccolino e suggestivo lago Wabby, spuntato quasi per caso tra la foresta di piante e le altissime dune di sabbia, si raggiungeva, per esempio, dopo circa 40 minuti di cammino. Non potendo portare con noi magliette o asciugamani, in quanto per la pioggia sarebbero diventati letteralmente zuppi, ognuno di noi è partito dalle macchine a petto nudo e con il solo costume da bagno. All’andata non è stato poi così male. Ma quando, dopo 20 minuti di bagno era arrivato il momento di iniziare a tornare indietro, pioggia tropicale e vento ci hanno sorpreso, trasformando Fraser Island in Freezer Island.
E così è stato anche per il giorno successivo dove abbiamo fatto il bagno in Champagne Pool, dove le onde del mare schiantandosi contro gli scogli creano una finissima spuma bianca, e nell’Hungover creek, un piccolo fiumiciattolo dove la corrente leggera ti culla, trasportandoti senza accorgerti sotto il tetto altissimo degli alberi (e da qui il soprannome: in inglese l’hungover è il “post-sbronza”). Bellissimi posti sotto la luce del sole, ma rovinati dalle condizioni e dal maltempo, sotto cui il supposto paradiso mi ha fatto persino rimpiangere il nostro Idroscalo.
La seconda mattina a rendere ancora più fantozziana la sfortuna, ci si è messo pure qualcuno che ubriaco fradicio la sera prima, ha avuto la brillante idea di aprire lo sportello posteriore della nostra macchina e vomitarci allegramente dentro, sopra tutti i costumi e asciugamani che avevamo lasciato lì per non portarli, bagnati, nelle tende.
La cosa incredibile è, infatti, che in un’isola selvaggia e comunque con discreti pericoli, l’agenzia che organizza il tour vende, tra gli altri tipi di alcool, cartoni di 4.4 litri di vino “goone” (vino di bassa qualità fatto apposta per sbronzarsi a “costo-zero”) per 12 dollari, nonostante in passato si siano registrati casi di gente che sotto effetto dell’alcool ha defecato nelle tende, vomitato dappertutto, si è allontanato dal campeggio da solo nella notte, tornando mezzo sbranato dai dingos, o di ragazze che diciamo non erano molto coscienti che stavano avendo un rapporto sessuale, a volte con più di una persona. Ma nel nostro gruppo, a dire la verità, l’alcool e la buona compagnia sono stati un buon aiuto per sorridere di ogni disagio e farsi quattro risate, cantare e ballare, perché infondo, nonostante tutto, non si può dire che non abbiamo avuto del good time e dei momenti belli e divertenti.
Non possono dire lo stesso gli sventurati che sono stati condotti scandalosamente sull’isola il giorno dopo, nonostante fosse chiaro che un tornado stava per abbattersi sull’isola e sulla zona circostante e che, come poi si è dimostrato, c’era il rischio di rimanere intrappolati laggiù, senza la possibilità di tonare alla civiltà. Ecco il riassunto di ciò che è accaduto ai più sfortunati: Arrivati al Lago McKenzie (il posto più famoso dell’isola che noi non abbiamo potuto visitare), la macchina si è rotta, i finestrini non si riuscivano più ad alzare, mentre la guida cercava di riparare il danno ha rotto il cartone di goone, e così fradici di pioggia e puzzolenti di vino hanno passato quasi dieci ore bloccati laggiù, prima di raggiungere il campeggio a notte fonda alle nove e mezza di sera, dove, non essendo ancora pronte, si sono pure dovuti montare la propria tenda.

Il peggio però doveva ancora venire. Tornati indietro da Fraser abbiamo realizzato che la pioggia che era caduta copiosa sopra di noi era dovuta ad un ciclone proveniente da nord, dove stava facendo ingenti danni: strade allagate, vento fortissimo, fiumi che straripano, connessione ad internet e rete telefonica saltata.
Avevamo prenotato per oggi, Lunedì 28, la nostra piccola crociera alle Whitsunday, 400 e passa dollari per uno dei posti più belli in assoluto di tutto il continente, ciò che aspettavamo davvero fin dal quando abbiamo lasciato Yarraman.
Il biglietto dice che non è possibile spostare la crociera oltre le 72h e che non si ha diritto a nessun risarcimento.
Ma 72h prima eravamo naufragati su Fraser Island senza alcuna connessione telefonica con il mondo reale e senza sapere nulla del tornado e, tornati indietro (48 ore prima) non avevamo alcuna possibilità di raggiungere Airlie Beach perché bus, treni e aerei erano totalmente bloccati e incapaci di andare verso nord. La risposta è stata praticamente che, nonostante circa il 75% dei backpackers (e non dei milionari!) che dovevano salpare questa mattina non avrebbe fatto in tempo a unirsi all’equipaggio, erano “fatti nostri” e che la barca, siccome al nord splendeva il sole, sarebbe salpata lo stesso e con lei i nostri soldi.

Così ora siamo fermi per 4 giorni in Rainbow beach, il posto peggiore dovete potere rimanere incastrati, perché non c’è assolutamente niente da fare e tra la gente ammassata nelle camere e sui pavimenti del comunity center diciamo che l’atmosfera non è propriamente festiva, ma stressante perché gli autobus cambiano idea di quando passare o meno ogni due ore, con la conseguente fila all’agenzia per riuscire ad assicurarsi un posto.
In tutto questo avrei voluto raccontare che per la prima volta ho cavalcato un’onda sulla tavola da surf, che sono “goofie” perché il mio piede sinistro è il mio back foot, che surfare è una delle cose più divertenti e faticose che si possano provare, ma ora devo staccare perché in 3 giorni sto cambiando il mio autobus e il mio programma di viaggio per la quarta volta: sembra che anche Magnetic Island debba saltare… riusciranno i nostri eroi ad arrivare almeno a Cairns per il 4 Febbraio per la prima immersione nella Barriera Corallina?

P.s.
Autobus prenotato: 1 febbraio Rainbow Beach- Mission beach: 26 ore di viaggio, con 2 ore e mezza di sosta. Il “meglio” deve ancora venire…

lunedì 21 gennaio 2013

The old (naked) man and the sea



A poco più di due ore da Brisbane, dove il caldo-umido tropicale inizia veramente a farsi sentire, c’è una cittadina costiera in cui le case non possono per legge superare l’altezza degli alberi: Noosa.
Nel cuore della Sunshine Coast, Noosa circonda il grande promontorio dell’omonimo parco nazionale tra la foresta e calette e spiagge spettacolari. I lunghi sentieri di diversi chilometri che si inerpicano lassù ripagano assolutamente ad ogni angolo ogni goccia di sudore e fatica e “l’umiliazione” di essere sorpassati costantemente da crazy runners che corrono su e giù per collina, nell’incredibile spirito sportivo australiano.
Prendendola più comoda, però, si possono notare dei piccolissimi sentieri secondari, che dall’alto del promontorio portano verso le piccole e meravigliose calette nascoste dalla fitta vegetazione e  dalle scogliere.
Così, con un po’ di spirito di avventura, abbiamo scoperto un piccolo paradiso senza nome, tra Alexander Bay e Hell’s kitchen, dove poter riposare all’ombra delle palme e delle rocce  senza nessuno intorno.
Non che le spiagge di Noosa siano particolarmente affollate, anzi, a volte è raro incontrare più di 10 persone per chilometro, a parte la principale Main Beach, spiaggia libera come tutte quelle della costa australiana, dove comunque ognuno può trovare tutto lo spazio che vuole.
Ci sono voluti 10 minuti per realizzare che non eravamo soli: mimetizzato all’ombra di una roccia stava seduto all’ombra un uomo sulla sessantina abbondante, totalmente nudo, a parte il suo cappello di paglia.
Rob ogni weekend da 15 anni viene a godersi la solitudine di quella che è ormai una sua seconda casa, dal suo piccolo trono tra le pietre sotto le palme e l’ombra della scogliera, alle due faccine sorridenti dai due lati opposti della aia che si guardano e “creano, così, con il loro sorriso un posto felice”.  L’amichevole Robinson Crusoe non sembrava per niente disturbato dalla nostra presenza, anzi, con piacere ha scambiato con noi quattro chiacchere prima di tornare a sedersi all’ombra della roccia, in silenzio a contemplare il mare, cambiando ogni mezz’oretta punto di osservazione. Che vita!
Noosa è uno dei posti più belli che abbiamo visto finora, coi piccoli bar chic sulla spiaggia, i suoi colori abbaglianti e i suoi dolci tramonti dietro le colline a ovest che prima di sparire all’orizzonte regalano una sfumatura rosa alla spuma bianca del fruscio incessante delle onde.
L’unico problema di questo paradiso, come dell’intera costa del Queensland in generale, è quello delle meduse, che in questa stagione fluttuano copiose. Molte finiscono la loro vita arenate sulla costa, riempiendo la spiaggia di bottoni trasparenti che riflettono i mille colori della luce del sole. Anche nella morte la natura qui rivela la sua bellezza e proprio vicino alla “Porta dell’Inferno” (nome di un’altra scogliera).

sabato 19 gennaio 2013

My Paradise by Bus II


Surfers Paradise

“La Gold Coast è un arco di 40km di spiagge da surf, ristoranti, motel e strutture ricettive.
Il cuore chiassoso e scintillante della costa è Surfers Paradise, dove i palazzi a ridosso della spiaggia sono così alti da lasciarne gran parte in ombra nel pomeriggio. Ciò, tuttavia, non sembra importare molto poiché anche se la sabbia calda e le onde vengono ancora spacciate come le principali attrazioni della Gold Coast, oggi sono solo lo scenario per i divertimenti creati ad arte: nightclub, parchi a tema, campi da golf, botique e un casinò fuori misura…”

Questo breve estratto della mia guida sulla Australia della Nationl Geographic riassume in pieno questa Miami del Pacifico, che negli ultimi cinquanta anni ha alzato al cielo almeno una ventina di hotel-grattacielo tra la lunghissima costa del pacifico e i canali del Nangaroo River che costeggia tutto il lato ovest della penisola prima di tuffarsi nel mare.
Passare da Byron Bay al cuore della Gold Coast, nonostante la sola ora e mezza di autobus, è come trasferirsi in tutt’altra parte del mondo. Nonostante alla base ci sia sempre la solita mentalità easy, Surfers Paradise è il posto per il surfista fighetto con migliaia di negozi scintillanti di insegne della moda più costosa nel campo (Billabong, Quicksilver, etc…), pieno di locali e localini, di PR in giro per le strade a vendere prevendite per le serate, e di backpackers che spendono l’intera giornata a dormire negli ostelli per essere pronti alle nove di sera a iniziare la lunga e alcolica maratona fino all’alba.
Nonostante ciò, Surfers riesce ad essere anche un posto di vacanza per famiglie, pieno di ogni confort e di qualunque cosa per soddisfare ogni tipo di necessità per qualunque età(la mega sala-giochi e l’insegna del mini-golf mi hanno fatto scendere una lacrimuccia pensando alla piccola e sempre cara Cattolica).

Anche io e Alina ieri ci siamo uniti alla “notte giovane”. Con una prevendita di 50 euro (che ci ha permesso tra l’altro di avere un sacco di sconti per il cibo all around) abbiamo girato tutta la serata dalle 5 e mezza di mattina per diversi locali.
In 350 siamo salpati per una piccola crociera-disco sul fiume, ci siamo goduti un concerto super tamarro nel pub più grande della città e abbiamo finito ballando e brindando in una delle più importanti discoteche, il Bluish, (un buco stile Hollywood di Milano).
 Le prime luci dei grattacieli all’imbrunire che si riflettono a zigzag nel piccolo moto ondoso della barca sono uno spettacolo che vale da solo il biglietto.
Ma per la serie “Persone in viaggio” ecco una piccola conversazione tradotta avuta tra un ragazzo Brasiliano  e Alina:

B: ehi,  mi piacerebbe avere una ragazza tedesca perché mi piace la lingua! Dove dormi stasera?
A: nel mio ostello…
B: beh puoi dormire a casa mia! I  really need a German hug!
A: penso che il mio ragazzo poi diventi un pochino geloso
B: chi è il tuo ragazzo?
Dopo che mi vede, da buon “tota gioia tota beleza”, viene da me e mi abbraccia e poi ci abbraccia tutti e due, e:
B: ok, se volete possiamo fare una cosa a tre stanotte!
G: what? (e visto che iniziava a diventare un po’ appiccicoso) dai adesso ne parliamo e ti facciamo sapere…
B: ok, ma mi raccomando. Io ve l’ho proposto per primo! Non lo fate con nessun altro…

Lo abbiamo perso in giro per le varie discoteche e pub, ma penso che alla fine scherzasse. L’atmosfera era abbastanza giocosa e ognuno andava in giro con dei pallini verdi o gialli o rossi a seconda che fosse rispettivamente single, “avventuroso” o assolutamente fidanzato. E ovviamente noi eravamo in giro entrambi con un pallino verde.
Quando qualcuno se la cerca…

foto: http://www.facebook.com/media/set/?set=a.303312029771641.49617.294967610606083&type=3


Un assaggio di Brisbane…

Un pomeriggio non è mai abbastanza per girare una città ed è a malapena sufficiente per farsi un’idea, questo è vero, soprattutto per la capitale dello stato del Queensland, Brisbane. E non per le dimensioni (non grandissime) del centro, ma per il fatto che è impossibile riuscire a decidersi se quella che si ha davanti sia una bella città oppure no.
Vista da fuori, il suo skyline non è paragonabile a quello scintillante della Gold coast, ma sembra piuttosto progettato da un ingegnere della Lego, con le forme austere di solidi geometrici e i colori opachi.
Anche lo scorcio che si ha all’imbrunire da Kangaroo Point, una piccola collina con i bordi verticali a scogliera, per quanto sia qualcosa di bello, non toglie propriamente il fiato.
Ma tutta altra cosa è quando ci si cammina in mezzo. Edifici più bassi e storici compaiono come piccoli funghi tra la foresta di cemento, e tra le strade perfettamente ordinate e pulite musicisti di strada riempiono con la loro musica il vuoto lasciato dai cittadini in vacanza.
Brisbane, infatti, non è sul mare, ma è leggermente all’interno sulle rive del fiume, circondata da basse colline verdissime, che comunque non offrono un paesaggio particolare.
Ciò che colpisce di Brisbane risulta così essere la volontà di rendere bella dal punto di vista umano e di vivibilità la città. Esattamente E ciò lo si nota soprattutto sulla riva opposta al centro-città dove diversi musei e il grande teatro centrale sono immersi in viali di fiori rosa tra passerelle di legno in piccoli giardini di foresta sub-tropicale e le griglie pubbliche per il barbecue.
 Un piccolo favoloso fiumiciattolo artificiale si allarga in due piscine dove i bambini si divertono a nuotare o a costruire piccole dighe coi sassi, e dove ognuno può trovare refrigerio sotto i 35 gradi del giorno.
Il tutto è circondato da un serpente di piste ciclabili percorso ininterrottamente da una marea di runners in perfetto accordo con lo spirito salutare e ultra-sportivo australiano e dalle tende del mercato artigianale dove si può trovare di tutto, dai vestiti, ai manufatti aborigeni, dai massaggi cinesi alle chiromanti, dai bracciali e braccialetti ad una bancarella specializzata in magneti per il frigorifero.
Come a Sydney il centro città comprende, sulle rive del fiume, il bellissimo giardino del Botanical Garden creato dall’intreccio di varie piante sub-tropicali, che cancellano con il loro profumo qualunque traccia di smog. Ma a differenza di Sydney, Brisbane non soffre della cronico garbuglio di traffico e mezzi pubblici della capitale del New South Wales che a confronto appare meno ordinata e più caotica.
Ciò che bisognerebbe prendere dalla moderna urbanistica australiana è questo sapiente uso degli spazi dove la verticalità dei grattacieli non nasce per carenza di terra, ma per lasciare posto il più possibile, anche e soprattutto nel cuore della city, a parchi e a luoghi di uso comune.
Città così avrebbero bisogno di essere vissute per poter dare un giudizio, ma il tempo stringe ed è ora di lasciare i grattacieli e procedere nell’incanto dei tropici.

foto: http://www.facebook.com/media/set/?set=a.303313413104836.49618.294967610606083&type=1

mercoledì 16 gennaio 2013

My Paradise by Bus I


Byron Bay and Nimbin

La costa orientale australiana ha la forma di un gigantesco arco di più di 3000 km dal confine sud del New South Wales fino a Caper York, la punta settentrionale del Queensland. Esattamente al centro di quell’arco un faro illumina uno degli ultimi avamposti Hippy della storia e uno dei posti più famosi del continente: Cape Byron e Byron Bay.
Molto probabilmente il famoso “no worries” australiano ha avuto origine e viene conservato nel suo stato più puro in questa piccola cittadina purtroppo ormai super-turistica, dove, alla faccia della “vita-shallow”, non si trova un capo d’abbigliamento, dalle magliettine più stupide agli infradito a meno di 40 dollari. Forse è per questo che il fascino dei rasta che camminano a piedi nudi, dei cantanti di strada felici e stonati, dei surfisti che cavalcano le onde a pochi centimetri dagli scogli, si sbiadisce un po’.
Ma, a circa 14 ore di pullman notturno da Sydney, si respira comunque una filosofia e uno stile di vita diverso: ogni angolo della strada è riempito da piccoli vans colorati in cui dormono centinaia di giovani, ogni pub ha un palco dove, come è capitato Martedì sera, ognuno è libero di prendere la propria chitarra ed esibirs, i taxi sono spesso sostituiti da piccoli rishò stile Sud-Est asiatico, e in spiaggia, la sera, ognuno può sdraiarsi liberamente a bere un paio o forse più di birre sotto le stelle.

Più verso l’interno, a circa un’oretta di distanza, dove comincia la foresta sub-tropicale, si trova, invece, una piccola strada fatta di colori, negozi e bar molto “originali”: l’Amsterdam australiana, Nimbin.
Nimbin è una specie di casa di riposo o comunità per Hippie che nonostante i segni del tempo non vogliono crescere e che vivono ogni giorno per strada, coi loro piccoli negozi di vestiti sgargianti di cotone e seta indiana e le loro borse sulle spalle scheletriche di chi spesso si è dimenticato di mangiare, piene di marijuana e cookies (biscotti alla marijuana), che bastano e avanzano per soddisfare le proprie tasche e le centinaia di turisti che ogni giorno passano per di là.
L’autista del bus, prima di arrivare in questa piccola Green Town più o meno ci ha presentato così la situazione:
“ Il consumo di Marijuana è illegale in New South Wales. Ora io sono costretto a dirvelo per legge e per non perdere il mio posto di lavoro. Mi raccomando, se decidete di provare, prendete mezzo biscotto alla volta, e se non fa effetto aspettate 2 ore prima di prenderne un altro. Infatti la marijuana assunta via cibo ha un effetto diverso rispetto a quella che si fuma e ci mette più tempo per arrivare al cervello. Se non avete mai provato a fumare, non è il caso di iniziare oggi. Mi ricordo una coppia irlandese (gli irlandesi sono famosi, infatti, perché non ascoltano quello che gli si dice). Il ragazzo ha mangiato 2 biscotti in una sola volta. Verso le 3 del pomeriggio è venuta da me la sua ragazza disperata. Il suo ragazzo era sdraiato a terra, in totale stato di panico e shock: non sapeva dove fossero andate a finire le sue gambe!”.
In effetti vedendo le condizioni fisiche e gli sguardi degli abitanti di Nimbin un po’ viene da interrogarsi sulla “leggenda” dello stile di vita Hippie. Ma poi ci si perde tra le piccole librerie piene di libri sugli angeli, la magia e il buddismo, tra i piccoli tavolini dei bar dove l’odore del caffè si mischia a quello dell’erba, e tra i vari articoli geniali studiati apposta per una vita “high”, come i portachiavi a batterie, che si illuminano, vibrano e suonano al proprio fischio, permettendo di sapere sempre dove sono le proprie chiavi di casa o della macchina.
E’ simpatico comunque quando sul tuo bus dai colori dell’arcobaleno, con le casse usurate dalla continua musica Bob marley e Jamaica Style, con le sue 34 ragazze su 40 persone, prima della partenza, trovi l’icona vivente del rasta-man, con il suo chitarrino e l’immancabile spinello, che intrattiene tutti per dieci minuti con la sua musica “I wanna live my life high!”, e quando alla fine del tour ti trovi in un bellissimo parco, disteso sotto alberi altissimi abbuffandoti nell’immancabile BBQ australiano.
Molto altro ci sarebbe da raccontare, ma un altro autobus, quello della Greyhound, la compagnia più famosa per i grandi viaggi by bus around Australia sta per arrivare in Surfer’s Paradise, la Miami Australiana, prossima tappa di questo viaggio.
Con negli occhi ancora il bellissimo tramonto dall’alto della collina del faro di Byron Bay, sudato dopo una bellissima camminata di un’oretta sulla spiaggia e tra la bellissima vegetazione sub-tropicale, lascio la parola alle foto…

 P.S.
Si pensa generalmente che dovunque vai nel mondo puoi trovare italiani o cinesi. Bene l’80% della popolazione attuale di Byron Bay è costituita da Backpackers tedeschi, soprattutto ragazze., così piano piano Alina mi sta insegnando la lingua, ma per ora so solo dire
Ich will schnitzel und kartoffeln (e neanche lei sa come si scrive) e Wie viel Uhr ist es? (a propèosito in Queensland cambia il fuso orario. Ora sono a +9 ore rispetto all’Italia!)

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