martedì 20 novembre 2012

una lenta filosofica giornata


Certi Lunedì sarebbero da incorniciare. Lunedì soft, che passano leggeri come le nuvole, spinte dal sussurro sonnacchioso del weekend.

Certo la sveglia suona sempre alle 6.20, mentre l’arancione del sole si sta appena appena scolorando, ma dentro la cucina ti aspetta una gigantesca fetta di pane e Nutella (made in Australia) e una tazza di thè fumante, che sembra si faccia da sola da quanto è comodo il bollitore elettrico.

Verso le 7, dopo essersi infilati pigramente i mitici scarponi cinesi da 50 dollari ancora miracolosamente intatti, si parte con il quad per il giro del rifornimento delle truppe: corns per i rams, frumento o qualcosa del genere per i puledrini e le loro mamme.

Se si esce indenni dall’imboscata dei pecoroni che mi aspettano ogni mattina davanti alla porta della mia camera, sapendo da dove viene il cibo, per le sette e mezza si è pronti per la riunione alla Station con il sorridente “Good morning Gabe!” di Frank, Kev, e Fos. (sono sempre il primo ad arrivare. Ciò per chi mi conosce è un cambiamento epocale.)

Oggi, dopo la pioggia di Venerdì, giornata di pulizie e riparazioni.

Innanzitutto quella del quad che ho fatto precipitare giù dal pendio settimana scorsa. Lavato, tirato a lucido, caricato sul retro del pick-up, e pronto per essere spedito all’officina della città.

Task 2 sollevare la gabbia metallica per il trasporto degli animali dal rimorchio del TIR. Lavoro abbastanza semplice fatto usando due tubi metallici che, inseriti in quattro piedistalli, passano da una parte all’altra della gabbia immobilizzandola. Così questa, abbassando le sospensioni del camion, rimane sollevata e il rimorchio resta libero, senza più alcuna copertura. (due righe per spiegare 40 minuti di lavoro).

Dopo lo smoke (la pausa di metà mattina), una bella tazza di caffè e i cracker burro e fantasia, verso le 10.30 io e Kev partiamo con la mitica Auto blu alla ricerca delle falle nelle recinzioni ai confini della proprietà.

Prima di tutto vorrei provare a descrivere la nostra AutoBlu, che sicuramente non ha nulla da invidiare alle sue colleghe più famose destinate (giustamente o meno) ai politici italiani.

Innanzitutto è un pick-up che non si usa quasi mai, ma dato che il quad è in riparazione e l’altra macchina ha una falla gigantesca nel radiatore, è stato rimesso in servizio, nonostante probabilmente sia stato messo per la prima volta in moto da Ford in persona.

Senza clacson, con gli specchietti rotti, i sedili sfondati, il cambio che va per conto suo, la porta che non si chiude, è un modello che farebbe concorrenza alla Subaru SV di Aldo, Giovanni e Giacomo. Con cotanta auto, la cui velocità varia, secondo il tachimetro, da 0 a 180 in mezzo secondo (miracolo della meccanica) ci siamo avventurati per le colline di Rossgole, ai confini della proprietà.

Il motivo è semplice. Le pecore del vicino si divertono ogni tanto a sconfinare per i nostri paddock, sfruttando le buche scavate dai canguri sotto le recinzioni e qualche filo che con l’andare del tempo si rompe. “Sono furbe, sono tante e sono organizzate!”.

Ma controllando una recinzione di una decina di chilometri, abbiamo trovato fondamentalmente solo tre buchi, e così due ore e mezza sono volate sobbalzando allegramente sul sedile dell’autoblu, rigorosamente senza sospensioni e servosterzo.

Mezzogiorno: Lunch time. Lasagne, due uova con un po’ di formaggio, aprire il pollaio per lasciare gironzolare le galline un po’ per il backyard, raccogliere le solite 7-8 uova appena covate, and that’s it, pronti all’azione.

Azione non molto spumeggiante today: Pomeriggio passato interamente a tagliare gli alberi e i rami danneggiati dal temporale e a raccogliere quelli caduti per terra. Lavoro, il mio, non molto difficile, in quanto gran parte del lavoro è stato svolto dal super nuovo trattore Fiammeggiante modello Puma, con un manuale d’istruzioni pari a quello di Anatomia di uno studente di Medicina.

Così dopo la solita pausa caffè delle 3 e mezza, e dopo aver ripulito chilometri di proprietà, alle 5 e mezza mentre il solito vento freddo della sera si stava alzando, montato sul quad con i secchi pieni dei corn della mattina per i rams, sono tornato a casina.

Ore 19.00 come al solito la cena.

Ma prima…

I Kakatooa (credo si scriva così) sono degli uccelli bellissimi. Bianchi come la neve, con delle piume finissime che si colorano dei raggi del tramonto, e una cresta gialla fluorescente da fare invidia ai punkettoni più estremi. In Australia ci sono degli animali favolosi che fanno i versi più strani del mondo. Il Kakatooa per quanto uno di questi, gracchia e ha la brutta abitudine di emigrare nel giardino di casa Bragg ogni estate appollaiandosi sull’albero sopra i fili della biancheria, in uno stormo pronto a bombardare, scacazzando qua e là e abbattendo letteralmente rami su rami.

Così è iniziata ufficialmente la stagione de “il tiro al piccione”. Un fucile da caccia normalissimo, Merberg INT’L 82, qualcosa del genere, con una sola canna, e un mirino spettacolare da gioco della playstation, con cui fallire è praticamente impossibile, anche nell’oscurità.

Ci si apposta nel portichetto vicino alla porta di casa. Silenziosi(ma poco importa, dal baccano che fanno lassù sui rami non si accorgerebbero di nulla) si imbraccia il fucile, si prende la mira e booom!

Come coriandoli bianchi lanciati in aria da un bambino, gli uccelli si dileguano velocemente dai loro rami, tutti, eccetto uno, che volteggiando in cerchi sempre più piccoli, lentamente si schianta al suolo.  Il piumaggio bianco non lascia intravedere la ferita mortale. Non c’è traccia di sangue. Solo la morbidezza e la bellezza delle piume che ricoprono una carne, neanche tanto buona da mangiare, e che aspetta solo di essere bruciata dall’inceneritore.

Tutto sembra così inevitabile nel ciclo della natura di Rossgole.

Tutto vive, si nutre, parla, grida, corre, vola, e poi in un istante si ferma. E mentre si ferma, Tutto continua come se niente di fosse fermato. Il fumo che viene dal cilindro di cemento è incessante e ha sempre bisogno di legna. Legna che era di un bellissimo eucalipto e che ora è dispersa in mezzo alle sterpaglie di un paddock. Sterpaglia brucata da un piccolo agnellino che hai tenuto tra le braccia e di cui hai sentito battere il cuore, e il cui fegato ora è lì deliziosamente nel tuo piatto con le patate e le zucchine enormi dell’orto appena dietro il giardino.

E ogni sera il tramonto è bello come la sera prima, e ogni sera il vento continua a soffiare, spargendo la cenere sulla terra e le mosche continuano a ronzare e ronzare e anche se ne schiacci una, dieci, cento, ce ne sono sempre altrettante appollaiate sulla tua spalla.

Tutto ha un suo senso al di là di quello che la mente o il cuore dell’uomo gli ha dato. Tutto si compone di minuscoli niente. Tutto è vita e tutto è cenere.

 

Lavorare in farm non è poi così male, anzi, sembra essere una bella vita.

Mentre tornavo verso la mia stanza sul mio quad, alle 20.30, dopo la cena, pensavo in mezzo a tutta questa terra sconfinata che uno degli svantaggi è la solitudine.

Forse a vent’anni. Ma a quaranta, con una moglie, una casa, due figli, il mercoledì a giocare a tennis e il weekend sulle spiagge di Sydney (nonostante le 3 ore di macchina), si è poi così soli?

Infondo mi domando se non sia lo stesso in città. Hayley e Frank ogni settimana hanno qualcuno a cena o vanno fuori a cena da qualche amico. In città spesso capita una volta ogni mese.

E gli amici, beh, le cose si sa come vanno. Gli amici ci sono ogni giorno finché non trovano la fidanzata e finché fai parte della loro scuola o del loro lavoro. Per il resto sono soltanto cene e birre, e racconti di settimane o mesi passati a non vedersi. O almeno così è sempre successo nel piccolo quartiere di città dove sono cresciuto e così penso sia l’andamento normale della vita.

In sei settimane, non c’è stato giorno che sono tornato a casa prima dell’orario di lavoro perché non c’era niente da fare, e anzi spesso sono fortunato se alle 5.40 sono sotto la doccia, pensando che un altro giorno è già volato via. Anche in giorni come questi Easy Monday di pulizie c’è qualcosa da fare. Quindi neanche si può dire che ci si annoia, o meglio, non ci si annoia più che in altri lavori.

Sarà, ma certe volte, in mezzo a milioni di persone e mille cose da fare ci si sente più soli e più annoiati che in uno yard con una ventina di mucche…

Nessun commento:

Posta un commento